E’ notte ormai, da parecchie ore, ma non riesce a
dormire. Non trova la posizione. Non riesce a stare bocconi, l'unico modo per
addormentarsi. E' troppo grasso.
Ma come cazzo fa Clara a dormire, col pancione che
le cresce di settimana in settimana, diosanto!
Finisce che si alza e ciabatta fino in bagno a luci
spente. Chiude accuratamente la porta, accende la luce, si guarda allo
specchio. Di fronte. Di profilo. Si sorride. Rimane lì per un po’, seduto sul
water, senza fare niente.
Si alza, si gira e piscia. Il sesso molle in mano,
gli spruzzi sul muro, puzzo di urina. Non tira neanche l’acqua.
Riciabatta per la casa, stavolta accendendo tutte
le luci, fino in cucina.
C’è un portacoltelli di legno, con le lame di varie
dimensioni infilate di sbieco nelle fessure. E’ sul ripiano della mensola,
vicino alla finestra. Lui prende i coltelli, uno dopo l’altro, li guarda a
lungo, li muove un po’, per vedere i riflessi sull'acciaio, poi li rimette a
posto. Tutti tranne uno, il più grosso, il più pesante. Il più appuntito.
Sostiene il manico tra il pollice e l’indice della destra, la punta rivolta verso il basso, contro
il suo piede. Quello con la cicatrice.
Lascia andare il coltello. Che si conficca profondo
nella carne. Cristo! Spalanca la bocca di colpo, ma non urla. Lo stesso male di
tanto tempo fa, quando il carabiniere gli aveva sparato dal pianerottolo, e lo
aveva colpito proprio in quel piede, mentre lui fuggiva. Ponendo fine alla sua
carriera di latitante.
“… condannato a sei anni per sovversione e
costituzione di banda armata…”
Fanculo! Acqua passata.
Cazzo, il sangue non si ferma. Va in bagno, imbeve
una matassa di ovatta con del disinfettante, se la preme sul piede. Poi lo
fascia ben bene, stringendo forte. Come faceva sua madre quando era piccolo e
lui si sbucciava le ginocchia.
Torna a letto. Alla luce notturna che filtra dalle
persiane si mette a guardare Claretta. Chissà di chi è, quel figlio! Non lo sa
neanche lei. Ma chi cazzo se ne frega! Lei gli era piaciuta subito, anche col
figlio nella pancia. Solo che non sapeva quanto fosse rompicoglioni. Come la
madre, del resto, che lo adora perché ha preso con lui la sua Clara, che
altrimenti chissà come faceva.
Bisogna decidere cosa fare. Alle otto deve chiamare
in ufficio e dire che sta male. Dopodiché può starsene a letto a guardare un
film in dvd, oppure zoppicare per strada, procurarsi una pistola, e sparare
così, a casaccio, dalla finestra, ammazzare un po’ di gente, un colpo in bocca
e via.
Opta per la prima soluzione, la meno faticosa.
Clara esce di casa, non prima di fargli le raccomandazioni, di non muoversi dal
letto, che può fare infezione, e ci penso io alla cena, a pranzo mangiati il
prosciutto e melone che c’è in frigo, e…
A metà mattina arriva la suocera, col sorriso a
cuore. Cos'è successo, caro? Clara
mi ha detto che ti sei ferito, hai bisogno di qualcosa? Va tutto bene tra di
voi, vero? E quand'è che pensi di sposarla? Sì, sì, dice lui, sì, va bene, tra
un mese…
La sera Clara torna, con un sacchetto dell’Esselunga
carico di roba. Suda per la fatica, perché deve trascinarsi dietro anche il
pancione. Come stai, caro, cinguetta. Ti preparo qualcosa di buono? Cosa hai
fatto tutto il giorno, eh? pelandrone! e comincia a baciargli il piede malato,
poi gli toglie i pantaloni del pigiama e sale su, ma cosa vuol fare ‘sta
stronza, sta' ferma, Clara, sta' ferma, sto male, Clara, sto male, santo cazzo,
ferma! Lei non sente, e allora lui la rovescia sul letto e le preme il cuscino
sulla faccia. Basta, borbotta, basta. Basta.
Lo tiene premuto per parecchio, il cuscino. Poi lo
solleva, piano.
Si siede sul bordo del letto, stando attento a non
poggiare male il piede per terra. Si accende una sigaretta e aspira forte.
Si alza, e zoppicando arriva alla porta della stanza.
Si gira. Si appoggia allo stipite.
Sul letto c’è il corpo di Clara. Dentro di lei, il
corpo del figlio di chissà chi.
Cazzo, anche stanotte non si dorme.
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