Guardava la
disperazione negli occhi della donna. Una disperazione composta, sobria, ma
allo stesso tempo così profonda da restare indelebile. Era a pochi passi da lui
che fino a qualche ora prima era stato l'amore della sua vita, vita che ora
aveva lasciato spazio ad una morte che era sopraggiunta in modo lento. Era
morto dissanguato. Gli aveva detto che sarebbe rientrato senza tardare, ma che
prima doveva passare da una persona per bene che l'avrebbe finalmente aiutato.
Lui, Marco, era un piccolo spacciatore, uno di quelli che vendeva per farsi ma
che ne voleva uscire per vivere la sua storia d'amore con Monica. Lui guardava
il corpo senza vita del ragazzo, e sentiva ancora la lama affondare nella
carne. Le coltellate erano state inferte in modo spasmodico, con l'unico fine
di martoriare il corpo il più possibile a testimonianza di una rabbia feroce,
inaudita. Adesso era calmo, impassibile, incurante del fatto che qualcuno
potesse notare anche solo un piccolo particolare che lo riconducesse al
delitto. Non era il primo, e non sarebbe stato l'ultimo. Conosceva ogni mossa e
contromossa ormai. Era sicuro di se. Mentre guardava i sanitari coprire il
corpo del giovane spacciatore, pensava alla sua Susanna, morta a 16 anni per
una dose tagliata male. Adesso ne avrebbe avuti 30. Qualche volta accade che
l'assassino resti sulla scena del delitto a far la parte del curioso, lui c'era
sempre. Non se ne perdeva uno, restava a guardare gli agenti in silenzio fino
alla fine. Fino al momento in cui venivano apposti i sigilli alla porta.
Fino al momento in cui qualcuno gli diceva:" andiamo ispettore, qui
abbiamo finito".
Racconti gialli in tre minuti
domenica 16 ottobre 2011
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