Il buio della notte era ben percepibile dentro il
vecchio capanno di
legno, amplificato – se possibile – dalla brutta
luce bluastra della lampada al
neon che ronzava stanca sopra il banco degli
attrezzi polveroso e malmesso.
Poco oltre la stradina sterrata inquieti versi
arrivavano dalla porcilaia.
Eppure la notte sull’Aspromonte era splendida,
fresca e chiara.
Innumerevoli vicinissime stelle aiutavano una
luna bianchissima a illuminare
d’argento l’ampia vallata, mentre le cime dei
faggi dondolavano fruscianti sotto
un vento teso che arrivava dal mare, regalando a quella terra una gentilezza
inconsueta.
Ma l’uomo era indifferente a tutto questo,
concentrato
nell’osservazione del grosso sacco di juta
finalmente immobile che già da un po’
aveva smesso di urlare. Per sicurezza assestò un
ultimo colpo con la pesante
mazza da fabbro. Ogni tanto la famiglia
gli portava un sacco e lui sapeva già
cosa farci senza chiedere nulla. I maiali
completavano l’opera. Così poteva
continuare a occuparsi degli animali che teneva
qui a mezza costa. Il mondo era
un posto complicato dove troppa gente parlava e
pochi facevano. Lui voleva
solo una vita tranquilla e faticosa.
Slacciò il sacco e un braccio scivolò fuori. Al
polso un orologino di
plastica con dei fiorellini dai colori vivaci.
Aveva già capito dalle grida di aiuto
disperate - Mamma! - che si trattava di un
ragazzino. Come al solito andò alla
ricerca di oggetti di valore prima di dirigersi
verso la porcilaia. La catenina d’oro
attirò la sua attenzione. Il vento smise di
soffiare e il buio divenne tenebra.
L’uomo ora sedeva fuori, su un tronco. Non
avrebbe saputo dire da
quanto tempo stesse osservando quella catenina.
Erano otto anni che non la
vedeva. La madre gli aveva portato via il figlio
senza dirgli nulla. E lui nulla aveva
fatto per ritrovarli. Dopotutto nessuno sapeva
che quello era figlio suo e
nessuno gli aveva quindi fatto domande. Quella
donna faceva sempre discorsi
strani, che lui non capiva, sul mondo e sulla
giustizia. Ma che ne sapeva lei del
mondo?
Non era lei che aveva da sfamare un figlio! Partì senza dirgli nulla.
Arrivarono subito i carabinieri e portarono via
suo cugino Cosimo ‘O Animale.
Sapevano già dove trovare il nascondiglio segreto
nella casa che lei aveva
appena lasciato. Non sarebbe più tornata. E lui
non avrebbe mai più rivisto suo
figlio. E neppure la sua catenina.
La luce si fece piano quella dell’alba e il vento
smise di soffiare. L’aria
conteneva già la promessa di quel calore feroce
che di lì a non molto avrebbe
asciugato ogni ombra. Si scosse dai suoi
pensieri. Di sicuro la famiglia non aveva
idea di chi davvero fosse quel ragazzino. Non gli
avrebbe mai chiesto tanto. Ma
non si dimentica chi tradisce.
Si alzò per tornare verso il capanno. Raccolse da
terra la mazza e aprì
una porta seminascosta nella parete dietro il
banco degli attrezzi. Accese la
piccola lampada che pendeva dal soffitto di
legno. Con la mano rimasta libera
aprì il secondo sacco che gli era stato consegnato
nella notte.
Guardò il viso segnato dal pianto della donna.
Quel sacco non avrebbe urlato.
“Addio,
Stella”.
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