È cosa
nota, che i dottori devono mantenere il segreto professionale riguardo
i
propri pazienti; fatta eccezione per me e per Raul, e per chiunque altro
creda
che l’amicizia non si sottoponga alle regole.
Io e
il mio amico Raul siamo cresciuti giocando insieme nello stesso cortile,
abbiamo
frequentato le stesse scuole e ammirato le stesse ragazze. Poi Raul è
andato
all’Università e io ho proseguito il mestiere di mio padre. Lui si è
laureato
in Psicologia e io ho continuato a tenere aperto il panificio di
famiglia.
Le nostre strade si sono divise, oggi Raul è un dottore e io un
commerciante,
ma la nostra amicizia continua, accomunata dalla passione per la
pesca
e per i piedi femminili. Ci piace parlare di questi ultimi mentre
aspettiamo
che i pesci abbocchino all’amo. A volte, tuttavia, capita una
giornata
di pesca più lunga delle altre; i pesci sembrano sazi e la voglia di
tornare
a casa scarseggia. Si cede allora a una rilassante inerzia che invoglia
a un chiacchierio
sommesso e che finisce per strapparti pensieri di cui non
conoscevi
l’esistenza.
Quel
fine pomeriggio eravamo sulla sponda orientale del lago di Como, dalle
parti
di Torno, e mentre speravamo che qualche scardola afferrasse l’esca, Raul
mi raccontava
di un suo paziente, un ricco industriale lariano paranoico, che
aveva
frequentato il suo consultorio per diversi mesi. Nelle ultime sedute il
Signor
Baralli aveva spesso affermato che si sentiva costantemente
perseguitato,
e la sua idea fissa era che la moglie lo volesse uccidere.
<<Un
pomeriggio Baralli è mancato al nostro appuntamento settimanale>> disse
Raul,
<<e il giorno dopo, sul quotidiano, ho letto della sua morte: era stato
ucciso
dalla moglie. L’articolo spiegava che a metà pomeriggio, più o meno all’
ora in
cui doveva venire da me, in una improvvisata, Baralli era andato a casa
e
aveva trovato la moglie a letto con l’autista. Il ragazzo era scappato mentre
Baralli
prendeva la rivoltella che teneva nel cassetto del suo comodino,
inseguendo
la moglie fino in cucina dove le aveva sparato, sbagliando il colpo.
La
donna, prendendo un coltello dal cassetto, l’aveva colpito al cuore. Subito
dopo
aveva chiamato i poliziotti, ma al loro arrivo il marito era già morto.
L’
autista
si è presentato dicendo che quella mattina Baralli gli aveva detto di
non
venire a lavorare e quindi lui ne aveva approfittato per andare a trovare
la
moglie dell’industriale, con cui intratteneva uno stretto rapporto, perché
sapeva
che quel pomeriggio Baralli aveva l’appuntamento con il dottore e
sarebbe
rientrato tardi.>>
<<Che
brutta fine. Conoscevi la moglie di Baralli?>>
Molti
dei pazienti di Raul erano persone che frequentavano sua zia Carla,
moglie
di un facoltoso lecchese e sorella di sua madre.
<<
Una donna di rara bellezza. Miranda. Possiede i piedi più belli che io
abbia
mai visto>> rispose Raul senza smettere di fissare lo specchio d’acqua
del
lago. Poi continuò: <<La polizia era venuta da me… sospettavano di
Miranda
e del
suo amante, evidentemente c’era qualcosa che non quadrava, ma non sono
mai
riusciti a provare la loro complicità. Gli ho raccontato quel poco che
sapevo…
non sono stato di grande aiuto. C’era un elemento discordante: la
chiamata
di Baralli all’autista, in cui l’industriale diceva all’impiegato di
non
presentarsi al lavoro. La polizia non è riuscita a rintracciare la
chiamata.
Nonostante questa piccola magagna, alla fine, hanno chiuso il caso.
Non
sono riusciti a capire che era stata Miranda a mettersi d’accordo con il
marito
per l’incontro di quel pomeriggio e poterlo uccidere con l’aiuto dell’
autista.
È tutto andato come nei piani di Miranda.>>
Il
resoconto di Raul mi stupì. Era strano che lui fosse a conoscenza di quelle
informazioni.
<<Come fai a sapere tutte queste cose? >> gli chiesi.
Lui mi
fissò con uno sguardo confuso. Poi, piano, i suoi occhi divennero
sempre
più freddi. Mi spaventai. Non conoscevo quell’espressione sul viso di
Raul.
Nel suo sguardo leggevo rabbia e stupore. Conscio di aver commesso un
errore
imperdonabile, Raul abbassò la testa. Passarono alcuni secondi, mentre
intorno
a noi il lago taceva. Poi Raul mi guardò, e nei suoi occhi vidi la mia
fine.
In un
lampo, prima che io potessi muovermi, come un serpente che afferra la
sua
preda con un balzo, Raul allungò le braccia e strinse le sue dita d’acciaio
intorno
alla mia gola. Ero paralizzato. Raul e io eravamo amici, ma ora capivo
di non
averlo mai conosciuto veramente. Intanto la sua mano mi strozzava la
gola e
io faticavo sempre più a respirare. Sentivo il viso pulsare. Iniziai a
dibattermi,
a cercare di colpirlo sul viso con i pugni serrati, ma Raul era
molto
più forte di me, lo era sempre stato. Sentivo le mie forze venire sempre
meno.
La sua presa non mollava, e io non respiravo più.
<<È
colpa di questo sport maledetto. Bisognerebbe andare a pesca sempre da
soli.>>
La
voce del mio grande amico Raul è diventata un bisbiglio lontano e in quel
momento
ho perso i sensi. Ho sentito che lui afferrava il mio corpo, lo
spingeva
fuori della barca e lo gettava nell’acqua del lago. Prima che tutto
diventasse
buio ho pensato che da una parte potevo capire Raul e il suo
desiderio
di accontentare un paio d’irresistibili piedini femminili. Mi sono
venute
in mente le parole di Groucho Marx: “Amo è una parola pericolosa per l’uomo e per i pesci.
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