Sul ponte salmastro, lascio lo
sguardo sfocare sulla costa che si allontana; l’acqua,
agitata dalle eliche, riflette
gli aloni aranciati dei fari notturni ormai accesi. Il
porto brillante di luci
sbiadisce nella foschia, che eterea, ammanta sullo sfondo
del cielo le montagne
azzurrine.
Una crociera, in fondo, è una
buona idea; anche se inaspettata. Sento salire in me
intense emozioni. La
prenotazione tardiva, ha fatto sì, che la mia cabina si trovi
molto in basso. Quando ho
aperto la porta, mi è sembrato d’entrare in una
navicella in partenza per la
luna. Ho già provveduto a disfare la valigia; il mio
odore, diffondendosi
nell’ambiente, durante la cena, la renderà più familiare e
forse riuscirà a conciliare il
mio sonno.
In attesa dell’apertura del
ristorante rimango ancora un attimo affacciata alla
balaustra a godermi il mare. Il
ponte è gremito: gruppi che sorridono, famigliole
che pianificano, coppiette che
flirtano e una torma di single che si scrutano… tra
questi io e… lui. “Ma dov’è?”
Non lo vedo più… “Ah sì, eccolo!”
La sala si apre, due eleganti
camerieri in livrea bianca e oro, accompagnano le
ante della porta alle
estremità. I tavoli ovali sono candidi e apparecchiati di tutto
punto; dal soffitto pendono luminosissimi
lampadari di cristallo. Tutto scintilla.
Un elegante maitre in nero,
chiede il cognome e indirizza gli ospiti ai tavoli. Mi
sono appena seduta che una
famigliola con bambini prende posto alla mia sinistra,
poi è la volta di una anziana
signora, dallo sguardo troppo audace. Infine di fronte
a me si accomodano due giovani:
un ragazzo e una ragazza. Dopo alcuni minuti di
convenevoli e presentazioni ho
capito che la matrona è in cerca d’avventure, che
la famigliola sarà una tragedia
e che gli unici con cui potrò conversare
serenamente saranno la coppia
dei ragazzi.
I camerieri hanno iniziato a
volteggiare tra i tavoli; presa da un dubbio, apro la
borsetta e guardo all’interno…
“Ok l’ho presa!” Tornando al tavolo riprendo la
conversazione, ma quelle parole
vuote e banali, il brusio dei bambini, la litania dei
genitori, mi travolgono e
allora, volo lontano da lì.
Chissà lui dov’è seduto, mi
volto e guardo in giro, ma non lo vedo.
La cena è terminata; la noia ha
spento la magia che c’era in me nell’attesa di
quest’avventura. Uno sbadiglio
cerca un varco per uscire, lo combatto con
determinazione e la mia bocca
si deforma in una smorfia innaturale; “sarà colpa
della stanchezza per la
giornata faticosa?”
Sento qualcuno che si avvicina
e invade il mio spazio vitale; mi volto…
«Un raggio di luna ha colpito
la nave?» la voce esce pacata e rotonda;… è lui.
«Dove?» cerco di stare al gioco
e mi volto verso le vetrate che danno sul corridoio
esterno.
«Nei tuoi occhi.» Una flûte dal
liquido dorato e brillante di bollicine si solleva
sotto il mio naso.
“Touché… Ma che sorpresa!”
Cerco di organizzare in pochi secondi i miei
pensieri. Spingo gli zigomi ai
lati e mi esibisco nel sorriso più verosimile che so
fare.
«Grazie.» Accetto lo champagne.
“Dicono che la crociera sia la
vacanza ideale per un single in cerca di avventure,
ma qui abbiamo battuto tutti i
record!” penso, ancora disorientata.
«Casanova era un dilettante al
confronto!» dico mistificando serenità.
«Non esageri, la prima occhiata
l’ha lanciata lei, se non sbaglio, non è vero…
signorinaa?»
«Elisa» mento.
“Accidenti che sensibilità; e
io che credevo di essere stata discreta!”
Non riesco a sfuggire al suo
modo elegante e intelligente di circuirmi. Due ore più
tardi siamo ancora seduti al
piano bar del penultimo ponte… “E’ già convinto di
portarmi a letto.”
Il mare, oltre i vetri, scorre
cangiando riflessi perlacei, la luna si è alzata
impallidendo sull’orizzonte. E’
una serata meravigliosa; senza tempo.
La mia consapevolezza inizia a
vacillare: sarà l’effetto dell’alcool? Sarà la
stanchezza? Adesso sarebbe
anche comprensibile. Oppure sono i suoi occhi dolci
e le sue parole calde che hanno
fatto breccia?
Dopo la riflessione dico: «Ho
bisogno di una boccata d’aria fresca» e mi muovo
decisa. Amplifico l’ancheggiare
e mi avvio verso l’uscita. La brezza esterna mi
schiaffeggia e fa muovere le
ciocche dei capelli che mi coprono il viso, mi
appoggio alla balaustra e mi
sporgo oltre la murata della nave. Devo riflettere,
pensare e concentrarmi: “Che
cosa sto facendo?”
«Quello che provo con te, non l’ho mai provato» lui si
avvicina al mio viso.
«Lascia perdere» dico decisa.
«Non sto scherzando… sono
sincero» la sua mano si appoggia sulla mia spalla.
«Abbiamo tempo, vattene a
dormire.» Allontano la sua mano.
«Sei bellissima.»
«Ok… vado a dormire io.» Mi
volto decisa e m’incammino lungo il ponte.
La sua mano, ora più decisa, mi
afferra il braccio.
La mattina è serena, il sole
illumina un giorno immensamente celeste, mi affaccio
sulla terrazza del ponte alto.
I miei occhi faticano a superare il gonfiore.
“Alle notti come quella appena
trascorsa non riuscirò mai ad abituarmi. Devo
tornare in cabina a fare
un’altra doccia fredda.”
Nel bar, al ponte numero dodici,
c’è una forte agitazione. Il sussurro diventa voce
chiara, “stamattina hanno
trovato un uomo morto sul penultimo ponte, proprio
davanti al piano bar”.
«Chi era?» chiedo
distrattamente al barman nero.
«Un uomo moro, sui quaranta»
risponde, mentre preme la polvere nel filtro.
«E com’è morto?»
«Sembra che abbia avuto un
infarto.» Il barman, appoggia la tazza del
macchiatone sul piano del
banco, davanti a me.
Afferro la tazza dal suo
orecchio, la sollevo e soffio sulla schiuma bianca tracciata
dal vortice ocra del caffè che
l’ha trafitta.
“La mia vacanza è appena
iniziata.”
La piscina, per essere sul
ponte di una nave, è immensa, c’è anche la spiaggia di
sabbia vera. Ho assaporato
tutto il giorno questa atmosfera festaiola. Del brutto
evento della mattina non ne
parla più nessuno.
La cena è trascorsa, meno male
che al mio tavolo ci sono Luca e Federica, i due
ragazzi, altrimenti i pasti
sarebbero una vera tortura. Quei mocciosi, viziati da
genitori insulsi, sono lo
specchio della decadenza.
Meglio che pensi a me stessa:
“Ho ancora qualcosa d’importante da fare.”
Mi avvio con la borsa sotto
braccio verso il ponte di poppa. Il buio, in
quest’angolo della nave, non è
disturbato da nessuno dei suoi milioni di neon.
Determinata, compio un gesto
veloce, estraggo dalla borsa la pistola ad aria
compressa caricata ad aghi di
ghiaccio conservati in azoto liquido e la getto nel
vuoto. Vedo la lunga scia
celestina che segna il sentiero seguito dalla grande nave
bianca, sfumare tenue nel mare
blu.
Ho appena gettato un gingillo
che vale una fortuna, un’arma sofisticata che, a
distanza ravvicinata, spara un
sottilissimo ago di ghiaccio che non lascia sulla
pelle, praticamente, nessun
segno di entrata e una volta nel cuore lo trafigge
inesorabilmente; il ghiaccio
col calore del corpo si scioglie e non rimane più
nessuna traccia. Morte
naturale!
Il cellulare s’illumina, una
voce gelida attraversa l’aria…
«Bel lavoro, il pacco è stato
consegnato.»
«Bene, qui nessun reclamo.
Attendo il pagamento del saldo» rispondo
meccanicamente.
Alzo gli occhi alla luna, è
ancora bassa e dorata. Un riflesso luccica sul vetro di
un oblò: “Un raggio di luna ha
colpito la nave?” I miei pensieri corrono alla serata
precedente, all’eleganza di
quell’uomo. Un gusto aspro e subito amaro mi avvolge
il palato; il destino è
crudele… io ero qui solo per lui.
Io… destino!
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