Quando il corpo di Steven Jones, cinquantaseienne romanziere londinese,
venne ripescato dai sommozzatori di Scotland Yard non fu un bello spettacolo.
L’uomo era sparito ormai da una ventina di giorni e non fu facile riconoscerne
il cadavere. L’autopsia stabilì quale causa della morte l’annegamento, oltre a
rilevare nei tessuti dello sventurato un elevato tasso alcolico. La cosa non
stupì i numerosi fans accorsi davanti alla camera mortuaria dell’istituto di
medicina legale in cui era stato trasportato. Non era un segreto per nessuno,
infatti, che facesse abuso di alcolici. Più di una volta era stato raccolto per
strada ubriaco fradicio di scotch. Ma ciò non faceva altro che accrescere la
sua fama di bello e dannato, tanto che le donne impazzivano per lui ed erano
capaci di attendere per ore davanti al cancello della sua villa in attesa di un
autografo. Questo era stato Steven Jones in vita: una vera e propria star che
aveva fatto guadagnare alla sua casa editrice milioni di sterline. A vedere
come era conciato ora sul tavolo di acciaio dell’obitorio non si sarebbe mai
detto. La polizia non ritenne necessaria alcuna ulteriore indagine e il caso fu
archiviato come “drowning”.
I funerali furono celebrati una settimana dopo nell’abbazia di Westminster
in forma solenne, come si addice alla morte di una personalità importante.
Londra fu invasa da una folla di ammiratori e curiosi che non si vedeva dai
tempi dei funerali di Lady D. Perfino la regina Elisabetta pensò di far
recapitare dal suo portavoce un messaggio di cordoglio alla BBC.
Ma come aveva fatto quell’uomo tanto noto a scivolare nel Tamigi senza che
nessuno se ne accorgesse? Possibile che nessuno l’avesse intravisto aggirarsi
ubriaco perso lungo le sponde del fiume?
Scotland Yard faceva risalire a mezzanotte circa l’orario dell’incidente …
ora in cui il venerdì sera si incontra ancora parecchia gente per strada
all’uscita dei pub o magari a spasso con il cane. Perché mai un uomo così benvoluto
non era stato come di consueto accompagnato a braccetto fino a casa, come
spesso era accaduto in passato? Queste e tante altre domande frullavano per la
testa di chi quel rigido mattino di novembre accompagnò il feretro fino al
camposanto. Soprattutto uno tra i presenti alle esequie non si dava pace. Era
Mark Taylor, collega scrittore, nonché suo grande amico. Tutti ricordavano di
averli visti assieme qualche mese prima ritratti sul manifesto di presentazione
del Festival della Letteratura affisso per le vie di Londra. A dire il vero
Mark era stato invitato a presiedere la giuria del festival proprio grazie alle
insistenti richieste dell’amico più noto che l’aveva preso sotto la sua ala dal
momento in cui l’aveva visto precipitare nella depressione. Era da qualche
tempo infatti che Mark Taylor non riusciva a buttare giù una pagina decente.
Come spesso capita agli scrittori, si trovava in mezzo a un vero e proprio
“blocco” e Steven aveva cercato con ogni mezzo di aiutarlo. Per questo ora
piangeva come una fontana, consapevole che l’amico fosse il suo ultimo
appiglio.
Ma un altro sentimento si stava facendo strada dentro di lui. Quell’impresentabile
ma pressante sollievo per la dipartita del suo rivale di sempre. Non avrebbe più
dovuto sentirsi in competizione.Mai più stizza davanti alle recensioni sempre
entusiastiche dei libri di Jones.
Mors tua vita mea. I latini non dicevano così? E allora perchè si sentiva
come dentro a un tritacarne? Può bastare l’invidia a farti sentire colpevole della
morte del tuo antagonista?
“Volevo che morisse” esordì Mark. Ma come i suoi ultimi libri, anche
l’intervista non fece lo scalpore che si sarebbe aspettato e soprattutto non
servì a lavargli la coscienza. Accrebbe invece la fama di Jones, come capita
ogni qualvolta un talento è vittima di una morte improvvisa. La vendita
dell’ultimo suo testo ebbe un’impennata tale da dover andare in ristampa.
Mark Taylor visse di rimorsi fino alla fine dei suoi giorni e quando morì,
del tutto dimenticato in un appartamentino a Carnaby Street, non una parola fu
spesa sulle sue opere. Nemmeno un cenno al racconto su quell’artista raffinato
spinto giù dal ponte dal suo amante per gelosia. Anche il dandismo aveva ormai
fatto il suo tempo.
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