Come
pietra ti resto a guardare.
I
capelli, i tuoi capelli…sono miei, mi dico, miei. Li stringo al volto per
cercarne il profumo, ti abbraccio e poi piango. Ma stanno arrivando. Non c’è
più tempo, bambina mia, ti devo lasciare. Sono vicini, troppo vicini. E’ ora di
andare.
Corri, mi
dico, corri lontano. I miei piedi calpestano la strada come zoccoli di un cavallo
impazzito. Corro ma non so dove. Vedo una strada, a destra, ma il grigio dei
muri mi confonde. Mi sento smarrito in questa notte che si mangia i colori. Poi
leggo: via della Costituzione, amore, te la ricordi? C’è quel panificio in cui
ti portavo la notte. Ti ricordi, bambina mia, il profumo di pane appena
sfornato? Mi obbligavi a fermarmi, bambina mia, ad annusare quell’odore di
dolce e salato. Ti piaceva essere amata in mezzo agli odori, anche quelli più
strani. Lo riconosci, allora, quest’odore di ferro? E’ sangue, bambina mia. E’
odore di sangue che ho addosso. Mi cola dalle mani, sgocciola dalle dita e mi
imbratta i vestiti, il maglione, le scarpe, fin dentro i calzini. Si confonde
con l’odore fruttato dei tuoi capelli. I miei capelli.
Li sento
alle spalle, gridano di fermarmi. Ma cosa vogliono, bambina mia? Sono miei, gli
dico, miei! Lo capisci? Diglielo anche tu, diglielo che sono miei.
Sono
tanti, almeno quattro, forse cinque. Corro ma le gambe mi tremano. Le scarpe
lisce mi scivolano sull’asfalto bagnato e cado. Sono addosso. I loro anfibi
neri mi colpiscono ai fianchi, in faccia. Mi prendono a calci, bambina mia. Il
respiro mi manca, mi manca la voce e mugugno. I miei capelli, dico, i miei
capelli, sono miei. Ma non capiscono. Fottuto bastardo, urlano, pezzo di merda,
e pestano. Mi puntano una pistola alle tempie e non posso rispondere, posso
solo stringere ancora più forte. Pazzo squilibrato! E mi afferrano i polsi. Poi
due manette.
Che
schifo, sento, le ha fatto lo scalpo questo figlio di puttana. Ma sono miei,
penso, i miei capelli... Un calcio mi perfora lo stomaco. Ho freddo, bambina
mia, tanto freddo. La luce si fa sempre più fioca e non vedo più nulla. Con un
colpo di manganello mi spezzano le nocche di entrambe le mani.
E’ tutto
finito. I tuoi capelli mi cadono dalle dita rotte, una ciocca alla volta. Io…io
non potevo lasciarli, bambina mia. Tu non mi potevi lasciare, bambina mia.
Capisci? Sì, tu lo hai capito. Ed ora è tutto finito, insieme ai tuoi capelli
che si mischiano al sangue e al fango di questa terra. Tutto finito.
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